TAA bambini ospiti del C.A.M.

TAA rivolta a bambini ospiti del C.A.M.

Centro Assistenza Minori, Milano, Italy

AIUCA, Italy

Premessa

Lo scopo del lavoro è stato quello di approfondire le potenzialità applicative della terapia assistita da animale su bambini senza patologie organiche, ma con problematiche affettivo-relazionali e comportamentali dovute a precoci esperienze traumatiche. Si tratta di bambini con profonde carenze affettive e disturbi dell’attaccamento, che spesso si manifestano con inibizioni affettive e cognitive e iperattività.

Che bambini ospita il CAM?

Il Centro Assistenza Minori accoglie bambini da 0 a 6 anni in stato di abbandono o allontanati da situazioni familiari multiproblematiche su cui il Tribunale per i Minorenni dispone una valutazione di idoneità genitoriale.

La maggior parte dei minori riceve regolarmente le visite dei genitori in attesa di un decreto del Tribunale che definisca un progetto; altri hanno interrotto i rapporti con i genitori e sono in attesa di un collocamento eterofamiliare.

Le dolorose situazioni familiari sperimentate dai bambini (disagio sociale e relazionale, patologia psichica dei genitori, situazioni di abbandono, trascuratezza, maltrattamento, abuso) li espongono ad una condizione di elevata traumaticità che provoca in loro manifestazioni di profondo disagio.

La precoce esposizione a condizioni di pregiudizio segna profondamente un bambino soprattutto nei primi anni di vita, anni in cui si sviluppa il processo di attaccamento nei confronti delle figure di riferimento, la cui qualità è uno dei fattori che pone le basi per il suo sviluppo psichico.

In questo contesto l’obiettivo principale degli operatori della comunità, oltre a quello di rispondere al mandato valutativo richiesto dal Tribunale, è quello di favorire il più possibile il benessere psicofisico del bambino nel periodo di permanenza nella Struttura, in attesa dell’inserimento nel contesto familiare che meglio risponda ai suoi bisogni evolutivi.

Perché utilizzare le terapie assistite da animali?

La facilità ad entrare in relazione con il cane, permette ad un bambino con problemi relazionali di sperimentarsi in una relazione che può fare da ponte tra sé e il mondo esterno. Il cane in quest’ottica assume un ruolo di mediatore relazionale (non molto diverso dalla funzione che anche il gioco svolge per il bambino) tra bambino e adulto e questa esperienza relazionale può permettere di sperimentare una “relazione riparativa” rispetto al disturbo nel processo di attaccamento.

I motivi che ci spingono a sostenere che la relazione con il cane sia più fruibile per un bambino sono da ricercare nella “somiglianza” e vicinanza che si può riconoscere in questo due soggetti, che facilita l’identificazione e la proiezione.

Per il terapeuta la possibilità di lavorare attraverso identificazioni e proiezioni può favorire un contatto privilegiato con i vissuti del bambino e permettergli di trovare vie più indirette per comunicarglieli.

Infatti il cane, che utilizza un “linguaggio” non verbale, comunica in modo molto semplice e chiaro facilitando nel bambino la lettura di emozioni e comportamenti, in quanto anche il bambino comunica prevalentemente con un linguaggio non verbale.

Inoltre il cane è in contatto diretto con i suoi bisogni istintuali, che sono prevalentemente di tipo primario, è un essere bisognoso di cure e affetto per poter sopravvivere così come il bambino, soprattutto se deprivato, ha bisogno di soddisfare i suoi bisogni più primitivi che sono rimasti insoddisfatti.

Il contatto fisico, il gioco, il prendersi cura dell’animale, il calore offerto, la comunicazione non mediata dalle parole, lo sperimentare una relazione affettivamente coinvolgente, diretta e priva di giudizio, sono alcuni dei canali attraverso cui passa la relazione con il cane.

Per questi motivi l’esperienza relazionale con un animale può comportare di per sé effetti benefici, ma affinchè questa esperienza possa assumere un significato terapeutico rispetto ad un disagio psicologico è necessario che si inscriva nell’ambito di un intervento strutturato e adeguatamente condotto, così come avviene negli interventi di AAT e AAA.

Alla luce di quanto esposto, il progetto si è caratterizzato in due fasi: una prima fase sperimentale della durata di tre mesi, con una finalità prevalentemente osservativa in cui valutare sul campo la validità delle premesse iniziali e la possibile valenza terapeutica dell’intervento, e una seconda fase in cui cominciare a lavorare con una finalità terapeutica.

  1. Tre mesi di sperimentazione preliminare: novembre 2005/gennaio 2006

Caratteristiche della sperimentazione

finalità. osservativa.

Operatori coinvolti. La conduzione degli incontri è avvenuta in modo co-gestito da parte di Marcello Galimberti, che ha avuto il ruolo di occuparsi degli interventi sul cane, e della psicologa Sara Brunetti, che ha avuto il ruolo di occuparsi degli interventi sui bambini, in quanto conosce bene questi ultimi, con le loro specifiche difficoltà e i loro bisogni. Al fine di garantire una visione complessiva della situazione, si è coinvolta stabilmente anche una psicologa esterna, nella persona di Cristina Tarabusi, con la funzione di osservatore che si astiene dall’intervenire.

Destinatari. Sette bambini ospiti del CAM, omogenei per età, di circa quattro anni.

Modalità degli incontri. Un incontro settimanale della durata di due ore.

Tre gruppi con un cane per ogni gruppo. Per ogni gruppo il cane è stato scelto in base alle caratteristiche specifiche dei bambini ed è rimasto lo stesso per tutto il percorso.

Al termine di ogni incontro psicologa e osservatrice hanno steso un protocollo di osservazione per ogni gruppo.

Luogo degli incontri. Un’ampia stanza luminosa collocata in una palazzina adiacente alla comunità e non conosciuta dai bambini. La stanza è stata attrezzata con oggetti e mobili che potessero favorire l’interazione con l’animale ma anche permettere altre attività nel caso in cui il bambino si trovasse in difficoltà: un tappeto morbido, tavolo, sedie, giochi in scatola, puzzle, costruzioni, libri per bambini, una bambola, un gioco sonoro, matite, fogli, bicchieri e bottigliette d’acqua.

Durata dell’intervento. Per la prima fase del progetto si è stabilito un periodo preliminare di tre mesi, al termine del quale si è svolto un incontro di verifica del lavoro.

Risultati della sperimentazione

Nel complesso si è osservato un miglioramento del rapporto con il cane, caratterizzato dalla progressiva presa di coscienza dei bisogni dell’animale che ha portato i bambini ad un maggior riconoscimento dei propri: il bambino tende a proiettare sull’animale i propri bisogni, a volte in contrasto con quelli del cane; l’evidenziare questa dinamica lo aiuta a differenziare maggiormente tra sé e l’altro.

Inoltre si è assistito ad un controllo dell’iperattività attraverso il gioco strutturato per i bambini più iperattivi e ad un incremento delle potenzialità relazionali, attraverso l’attenuarsi di inibizioni che limitavano sia l’espressione di bisogni profondi sia lo sviluppo del pensiero, per i bambini più “bloccati”.

I suddetti risultati incoraggianti ci hanno motivato a proseguire l’intervento e a proporre il proseguimento del progetto.

  1. Intervento terapeutico: febbraio 2006/giugno 2007

Finalità: terapeutica. Da febbraio 2006 a giugno 2007.

Operatori coinvolti. Mantenimento di una conduzione co-gestita da parte di Marcello Galimberti e della psicologa Sara Brunetti, affiancati dalla psicologa Cristina Tarabusi nel ruolo di osservatrice.

Destinatari. bambini ospiti del CAM, omogenei per età, di circa quattro anni.

Modalità degli incontri. Un incontro settimanale della durata di tre ore.

Al termine di ogni incontro psicologa e osservatrice stendono un protocollo di osservazione per ogni gruppo.

Luogo degli incontri. La stanza utilizzata nella fase precedente.

Durata dell’intervento. Da febbraio 2006 a giugno 2007.

Risultati in funzione degli obiettivi:

  • Obiettivo: favorire il raggiungimento di obiettivi che per ciascun bambino si sono individuati in comunità, considerando il lavoro con il cane parte di un lavoro più ampio e quotidiano.

Risultati: per quanto riguarda i bambini attualmente in carico gli obiettivi principali sono stati, rispettivamente, il controllo dell’iperattività e il ridimensionamento dell’inibizione.

  • Obiettivo: far sperimentare ai bambini una relazione affettiva gratificante con il cane che, per le sue caratteristiche, facilita l’interiorizzazione di messaggi terapeutici già introdotti nella quotidianità.

Risultati: per i bambini iperattivi la possibilità di strutturare giochi di movimento con il cane può diventare un modo per canalizzare le emozioni in un’attività finalizzata e gratificante invece di iperinvestire la motricità in modo afinalistico.

Per i bambini inibiti il piacere di toccare, accarezzarne e pettinarne il pelo morbido del cane, facilita notevolmente la possibilità di lasciarsi andare alla relazione affettiva con l’altro.

  • Obiettivo: aiutare i bambini ad avvicinarsi alle proprie emozioni, imparando a riconoscerle e a gestirle meglio.

Risultati: a questo proposito si è osservato che quando si stabilisce una relazione affettiva con il cane i bambini si sentono liberi di esprimere affetti positivi, ma anche paure e difficoltà. L’incontro con il cane è atteso e investito affettivamente; questo lo rende un contesto adeguato all’interno del quale poter far emergere emozioni profonde che possono anche non essere evidenti in altre circostanze quotidiane.

  • Obiettivo: approfondire la conoscenza dei bambini, che vengono osservati in una nuova esperienza relazionale.

Risultati: l’osservazione del bambino all’interno della relazione con il cane permette di cogliere in modo più ricco molti aspetti che possono essere meno evidenti in altri contesti.

E’ ad esempio possibile sottolineare le competenze relazionali che un bambino inibito attiva nell’interazione con il cane, competenze che in altri contesti più ansiogeni risultano più bloccate.

  • Obiettivo: definire in modo più approfondito una metodologia di intervento che si configura relativamente nuova: interventi dei conduttori, regole, setting;

Risultati: a questo proposito si sono dimostrati centrali l’individualizzazione degli interventi (si è passati dal piccolo gruppo all’incontro individuale) e la stabilità del setting.

L’esigenza di individualizzare l’intervento per renderlo più rispondente ai bisogni di ciascun bambino si è resa indispensabile data la tipologia di bambini particolarmente sofferenti e bisognosi in quanto la condizione di piccolo gruppo, pur essendo ricca e prolifica da diversi punti di vista, non permetteva di dedicare un’adeguata attenzione al singolo.

Inoltre si è ritenuto opportuno lasciare i bambini liberi di scegliere come e quanto interagire con il cane senza creare forzature stabilendo poche regole, ma precise soprattutto relative a spazio, tempo e durata delle sedute.

Si è confermata come efficace la strutturazione di due conduttori e un osservatore. La presenza di tre adulti per ogni bambino non è risultata disturbante in quanto per il bambino risulta chiaro il ruolo di ciascuno. La psicologa conduttrice dà voce ai vissuti del bambino, ne interpreta i comportamenti, scandisce il tempo di inizio e fine seduta, legge le dinamiche che si creano; il conduttore del cane dà voce ai vissuti del cane e si occupa di “fare” concretamente ciò che serve per sostenere le interazioni tra cane e bambino; la psicologa osservatrice osserva e trascrive quanto accade, portando a fine incontro il suo sguardo “terzo” rispetto a quanto osservato.